Back to school, il piano anti-stress per tornare sui banchi
- 4 Settembre 2025
- Famiglia
Settembre non fa sconti. L’estate scivola via tra risvegli tardivi, giornate senza orari, pranzi spostati in avanti e pomeriggi in cui anche i compiti restano sospesi in un limbo. Poi, quasi senza preavviso, cambia il ritmo: la sveglia torna a suonare presto, lo zaino va preparato ogni sera, le attività pomeridiane riprendono tutte insieme, la famiglia corre contro il tempo. È il cambio di passo più brusco dell’anno. Per i genitori significa affrontare un incastro organizzativo che somiglia a un puzzle infinito, per bambini e ragazzi una corsa a ostacoli che non sempre riescono a reggere senza conseguenze.
Non è solo malinconia da vacanze finite: il rientro può trasformarsi in una vera e propria sindrome da riadattamento, con sintomi fisici ed emotivi difficili da interpretare. Secondo Giovanna Giacomini, pedagogista e formatrice, fondatrice di Gd Educa e ideatrice del modello ‘Scuole Felici®’, anche i più giovani vivono una sorta di “sindrome da rientro” quando riprendono la scuola dopo le vacanze estive. “Settembre in fondo è un po’ il ‘nuovo gennaio’: segna un nuovo inizio carico di aspettative, scadenze e cambiamenti di routine”, spiega. Il problema è che questo nuovo inizio si accompagna a una brusca accelerazione che può generare nei bambini fatica di riadattamento, e il corpo spesso diventa il primo a lanciare l’allarme: mal di pancia ricorrenti senza una causa medica, mal di testa, disturbi del sonno, difficoltà ad addormentarsi o incubi, irritabilità insolita, tristezza ingiustificata. Tutti campanelli che vanno letti con attenzione.
La sindrome da rientro e come riconoscerla
La difficoltà del ritorno sui banchi è sempre esistita, ma oggi il contesto la amplifica. Se un tempo la ripresa era più graduale, scandita da piccoli rituali che aiutavano i bambini a vivere l’attesa con un pizzico di entusiasmo – il diario nuovo o la scelta dell’astuccio in cartoleria – oggi il rientro coincide con una vera esplosione di stimoli. Sport, corsi, attività pomeridiane, materiale scolastico da organizzare: nel giro di pochi giorni si passa dalla libertà totale dell’estate a un autunno scandito da scadenze serrate. Giacomini lo descrive così: “Settembre ci bombarda di stimoli e impegni: ricominciano i corsi, lo sport, le attività extrascolastiche, bisogna preparare il materiale scolastico – insomma, si passa dai “tempi lunghi” dell’estate ai ritmi serrati dell’autunno”. È inevitabile che i bambini avvertano questa brusca accelerazione, ed è altrettanto naturale che nei primi giorni possano mostrare un po’ di svogliatezza o nostalgia.
La differenza, sottolinea la pedagogista, sta nella durata dei sintomi: se il calo di entusiasmo si risolve in breve tempo e i ragazzi recuperano il ritmo, l’adattamento è normale; se invece persistono apatia, malesseri fisici o addirittura un rifiuto netto della scuola, il disagio è reale e merita attenzione. In questi casi i segnali non vanno mai liquidati come capricci. “Se notiamo segnali di malessere (capricci insoliti, stanchezza eccessiva, regressioni comportamentali), prendiamoli sul serio. Sono il modo in cui il bambino comunica la fatica del cambiamento”.
Quando l’iper-pianificazione diventa un boomerang
Se i figli devono affrontare il ritorno a scuola come una salita ripida, i genitori si trovano a gestire il mese più complicato dell’anno dal punto di vista organizzativo. Sveglie, trasporti, orari da incastrare con il lavoro, attività pomeridiane da programmare, sport, lezioni di musica, compiti da seguire. È normale sentirsi sotto pressione, ma il rischio è di riversare questa ansia sui figli. Giacomini individua qui l’errore più frequente: “L’errore più comune è farsi prendere dalla foga di organizzare tutto e subito, trasmettendo involontariamente ai figli stress e fretta”.
Il desiderio di offrire ai ragazzi il meglio, sommato alle esigenze logistiche, porta molti adulti a riempire ogni spazio in agenda già dai primi giorni, convinti di dare sicurezza. In realtà l’effetto è opposto: i bambini percepiscono la pressione e finiscono per viverla come ansia. Così il rientro diventa una cesura netta tra la libertà estiva e la rigidità autunnale. Frasi come “ora basta divertimento, da oggi si fa sul serio” rischiano di trasformare la scuola in una punizione.
La proposta della pedagogista è puntare sulla gradualità: ripristinare le routine poco a poco, ad esempio regolando gli orari del sonno qualche giorno prima, e introdurre i nuovi impegni con equilibrio. “Non serve – anzi, è controproducente – avere già tutto perfettamente incasellato in agenda dalla prima settimana. Meglio lasciare qualche spazio vuoto, qualche margine di adattamento”. In altre parole, più che all’agenda blindata conta l’atteggiamento con cui i genitori affrontano la ripresa: se mostrano calma e flessibilità, i figli tenderanno a imitarli.
Il confine tra ordine e rigidità
Ogni settembre si ripete lo stesso ritornello: ricostruire le routine. In effetti, avere orari regolari per pasti, sonno e studio è fondamentale, soprattutto per i più piccoli. Strumenti concreti come calendari, planning settimanali o tabelloni delle attività aiutano i bambini a prevedere cosa accadrà, riducendo l’incertezza e quindi l’ansia. Ma, avverte Giacomini, il problema nasce quando la routine diventa rigidità. “Il segnale che si sta esagerando è quando manca del tutto la flessibilità: se qualcosa va fuori programma, manda tutti in tilt”. Se un pomeriggio si è più stanchi del previsto e salta un’attività, non dovrebbe essere percepito come un fallimento.
Eppure, spesso capita che un corso o uno sport iniziato a settembre venga portato avanti “costi quel che costi”, anche se il bambino lo vive male. “Ricordiamoci che nulla è irreparabile: se un’attività pomeridiana scelta si rivela noiosa o fonte di frustrazione per nostro figlio, possiamo sempre rivedere la decisione”, sottolinea la pedagogista. La bussola non deve essere l’orologio, ma il benessere quotidiano. “Se la routine inizialmente pensata non ci fa stare bene (né a noi né ai nostri figli), allora va cambiata”. In pratica significa considerare la routine come una cornice di sicurezza, ma non come una gabbia. Un quadro che sostiene, ma che lascia spazio per improvvisare, per cambiare piani quando serve, per ascoltare i bisogni del momento.
Strumenti pratici per ogni età
Ogni passaggio di ciclo scolastico ha le sue criticità.
Primaria
L’esordio alla scuola elementare mescola eccitazione e spaesamento: ci si sente “grandi” e, allo stesso tempo, lontani dalla cornice protetta della materna. Qui contano i rituali di vicinanza. “Mi piace consigliare un trucco semplice ma efficace: inserire ogni giorno un bigliettino affettuoso nella merenda”. Un cuore disegnato, una faccina: durante l’intervallo quel segnale ricuce la distanza. Funzionano anche oggetti transizionali (un portachiavi-peluche come portafortuna). Normalizzare la fisiologica agitazione aiuta: “è normale avere un po’ di farfalle nello stomaco il primo giorno, e probabilmente tutti i compagni si sentono allo stesso modo”. Coinvolgerli nei preparativi sposta l’asse dalla passività alla partecipazione: “Rendere attivo il bambino” nella scelta dello zaino, nel ricoprire i libri, nel preparare la matita preferita fa percepire il passaggio come avventura governabile.
Medie
Qui il salto coincide con la preadolescenza: richieste nuove, autonomia che cresce, identità che si definisce (ma allo stesso tempo hanno ancora bisogno di guide solide). L’antidoto alla disaffezione è “mantenere aperto il dialogo quotidiano, senza però risultare inquisitori”, propone Giacomini, facendo della cena un rito di racconto in cui ognuno porta un pezzo di giornata. È altrettanto importante non concentrare tutte le conversazioni sui voti e sui doveri, seguendo, ovviamente, l’andamento scolastico, ma senza trasformare ogni dialogo in un “processo” sul rendimento.
Proteggere i momenti familiari dalla negatività è un altro accorgimento non scontato: le ansie degli adulti non devono saturare lo spazio comune.
Sullo studio, il principio è “accompagnare senza sostituirsi”: insegnare ad usare diario e planning, predisporre lo spazio, lasciare che provino e intervenire solo se il carico supera le forze.
Superiori
Il debutto alle superiori porta con sé un contesto molto più grande e competitivo e la sfida si amplifica: ambienti più grandi, aspettative più alte. Il consiglio chiave per non perdersi è puntare sulla “presenza equilibrata”. “Per i genitori significa esserci, fare sentire ai ragazzi che ‘siamo una squadra’, ma allo stesso tempo rispettare i loro spazi e la loro crescente indipendenza”. L’immagine è quella del “capitano silenzioso”: guidare con discrezione, senza controllo ossessivo né assenza.
Regole di base concordate (orari di studio, uso del telefono, uscite) funzionano meglio delle imposizioni. Agli studenti, la raccomandazione è doppia: chiedere aiuto senza vergogna e sperimentare metodi di studio fino a trovare la propria “cassetta degli attrezzi”.
Leggere il non detto
Non tutti i disagi si manifestano apertamente. Spesso preadolescenti e adolescenti li mascherano con apatia, sarcasmo o nervosismo. È qui che serve affinare lo sguardo. Giacomini invita i genitori a osservare cambiamenti consistenti e duraturi rispetto al solito modo di fare. Alcuni campanelli possono essere oscillazioni d’umore insolite, chiusura in sé stessi, calo di interesse per attività che prima entusiasmavano, segnali psicosomatici come mal di pancia o mal di testa soprattutto al mattino, disturbi del sonno o dell’appetito.
Nei più piccoli possono comparire regressioni, come il ritorno a comportamenti infantili; nei più grandi risposte aggressive o silenzi ostinati. “Questi campanelli d’allarme, presi singolarmente e una tantum, possono capitare a chiunque. Diventano significativi se notiamo un cambiamento consistente e duraturo”.
Come si apre il varco? Con domande non giudicanti e una postura di disponibilità. “Chiedere con dolcezza “Ti vedo un po’ preoccupato/giù, c’è qualcosa che ti va di raccontarmi?” e poi ascoltare senza giudizio è la strategia migliore”. A volte arriva il muro: “Non ho niente”. Non è un fallimento. “Aver fatto capire che siamo disponibili e presenti è fondamentale. È come piantare un semino: magari qualche ora (o giorno) dopo si sentirà più libero di aprirsi”.
In concreto: evitare il “processo” ai voti a tavola, non usare ogni colloquio con i docenti come minaccia, separare i momenti di verifica dai momenti di decompressione. Il messaggio da rendere costante è: qui ti si crede e si lavora sul problema insieme, non contro qualcuno. Questo riduce la quota di opposizione e rimette in moto la motivazione.
Dal trauma al reset: micro-abitudini che abbassano lo stress e alzano il benessere
Il rientro è anche un’occasione per riprogrammare la vita di casa. “Il rientro a scuola come un momento di reset positivo, un’occasione per instaurare nuove abitudini benefiche”, dice Giacomini.
Ecco alcune strategie pratiche:
- Rituali brevi ma fissi: possono bastare una colazione insieme di cinque minuti per chiedersi “come ti senti?” e un momento serale di decompressione, ad esempio con la o la lettura di una favola per i più piccoli, e una buonanotte senza schermi con il racconto di cosa è andato bene e cosa ha preoccupato nella giornata. “Queste routine creano un senso di stabilità affettiva”.
- Spazio alle emozioni: un “termometro familiare” serale in cui ognuno dice con una parola il proprio stato d’animo (“oggi sono stanco/agitato/contento perché…”). Questo normalizza il parlare di emozioni e aiuta i bambini a sviluppare consapevolezza di sé.
- Piccole responsabilità: incarichi quotidiani adatti all’età (apparecchiare, curare una pianta, cucinare una volta a settimana) che rafforzano l’autonomia e l’autostima.
- Movimento e natura: passeggiate, bici, tragitti a piedi verso scuola. Il contatto con l’aria aperta (andare a piedi a scuola, passeggiata breve dopo i compiti, bici nel quartiere) riduce lo stress e migliora la concentrazione.
- Obiettivi condivisi: rivedere insieme le aspettative sposta l’attenzione dal voto al percorso: “Cosa ti piacerebbe migliorare o imparare quest’anno?” e un cartellone con tre propositi realistici per figlio e genitori, che restino visibili durante l’anno.
“In generale, l’idea è trasformare la quotidianità in allenamento alla felicità. Come nel mio modello “Scuole Felici” credo che il benessere nasca da momenti semplici ma significativi”. Una torta fatta insieme il weekend per la prima settimana di scuola, un abbraccio prima di uscire, una risata serale sulle foto buffe delle vacanze: micro-azioni che fanno sistema.
E se serve un promemoria tascabile, la pedagogista lo riassume in tre parole-chiave: gradualità, ascolto ed empatia, benessere al centro. Una sorta di checklist per evitare di farsi travolgere dal calendario e rimettere al centro il clima di casa, che è la base su cui poggia l’intero anno scolastico.