Btp Italia 2025, al via da domani: cosa sapere sul titolo che ha conquistato i risparmiatori
- 26 Maggio 2025
- Popolazione
Tra poche ore scatta l’emissione della ventesima edizione del Btp Italia, il titolo di Stato che ha conquistato i risparmiatori italiani negli ultimi anni. Un appuntamento che arriva in un momento particolare: mentre l’inflazione rallenta e i tassi iniziano a scendere, le famiglie italiane detengono ormai oltre 300 miliardi di euro in titoli pubblici, una cifra impensabile solo tre anni fa.
Quanto rende il Btp Italia a maggio 2025?
Il Btp Italia rappresenta una soluzione pensata specificamente per i piccoli risparmiatori che vogliono proteggere i propri soldi dall’erosione dei prezzi. A differenza dei normali titoli di Stato a tasso fisso, questo strumento offre un rendimento reale minimo garantito dell’1,85%, a cui si aggiunge l’adeguamento semestrale all’inflazione italiana misurata dall’Istat.
Quando escono i Btp 2025?
L’emissione del titolo prevista per domani, 27 maggio. Ogni sei mesi, il capitale investito viene rivalutato in base all’andamento dei prezzi al consumo. Se l’inflazione sale, cresce anche il valore del titolo e delle cedole. Se invece i prezzi scendono o si verifica deflazione, lo Stato garantisce comunque il rendimento minimo dell’1,85%.
Il nuovo titolo ha una durata di sette anni, con scadenza fissata al 4 giugno 2032. Per chi lo acquista durante l’emissione e lo mantiene fino alla fine è previsto un premio fedeltà aggiuntivo dell’1% sul capitale iniziale investito.
La tassazione è agevolata al 12,5% invece del 26% applicato alla maggior parte degli investimenti finanziari. Il titolo è inoltre esente dalle imposte di successione e, fino a 50.000 euro investiti, non concorre al calcolo dell’Isee per l’accesso ai servizi pubblici.
Quando e come investire
Il collocamento si divide in due fasi: dal 27 al 29 maggio è riservato esclusivamente ai piccoli risparmiatori, mentre il 30 maggio si apre agli investitori istituzionali. Chi compra nei primi giorni si assicura il tasso minimo dell’1,85%, anche se venerdì 30 maggio potrebbe essere rivisto al rialzo. L’investimento minimo è di 1.000 euro e non sono previsti tetti massimi.
L’Italia dei piccoli investitori
Dietro il successo del Btp Italia si nasconde una trasformazione profonda delle abitudini finanziarie degli italiani. In soli tre anni, la quota di debito pubblico detenuta dalle famiglie è più che triplicata: dal 4,7% di inizio 2022 al 12,1% di inizio 2024. In termini assoluti, i piccoli risparmiatori italiani possiedono oggi 306,8 miliardi di euro in titoli di Stato, quasi 80 miliardi in più rispetto a fine 2021.
La svolta si è avuta a inizio 2022, con l’inizio dell’invasione russa in Ucraina. L’improvviso balzo dell’inflazione e il conseguente aumento dei tassi Bce da zero al 4,5% hanno spinto le famiglie a riscoprire i titoli pubblici come rifugio sicuro. La crescita è stata particolarmente marcata sui titoli a breve termine: lo stock di Bot (Buoni ordinari del Tesoro) nelle mani delle famiglie è passato da quasi zero a 31 miliardi in soli due anni, raggiungendo un quarto del totale in circolazione. Un fenomeno che non si vedeva dalla crisi Lehman del 2008.
Oggi le famiglie italiane rappresentano il terzo gruppo di detentori del debito pubblico nazionale, dopo gli investitori esteri (31,3%) e le banche italiane. Un risultato che rispecchia la strategia governativa di concentrare le vendite su operatori domestici più stabili e meno volatili rispetto ai grandi fondi internazionali.
Questa evoluzione ha un doppio volto. Da un lato garantisce maggiore stabilità al finanziamento dello Stato, dall’altro comporta costi più elevati: i titoli pensati per attrarre i piccoli risparmiatori tendono ad avere tassi superiori a quelli normali. È un po’ il prezzo da pagare per ridurre la dipendenza dai mercati internazionali.
Titoli di Stato, chi investe in Italia?
L’identikit del nuovo investitore in titoli di Stato è variegato. Secondo l’indagine Intesa Sanpaolo sul risparmio, il 65% degli italiani considera la sicurezza la priorità assoluta negli investimenti. Non sorprende quindi che famiglie vicine alla pensione, lavoratori prudenti e chi cerca una rendita periodica abbiano abbracciato massicciamente questi strumenti, evitando azioni, Etf, materie prime e qualsiasi asset più redditivo e – quindi – più rischioso.
Le crisi che si sono succedute in rapida successione – pandemia, guerra e conseguente inflazione – hanno modificato profondamente l’approccio degli italiani al risparmio. Il 69,6% dei risparmiatori dichiara che, visti gli scenari globali, è meglio investire in Italia su strumenti finanziari italiani, considerati più sicuri. Una preferenza che cresce con l’età: dal 49,3% dei giovani all’82,1% degli anziani.
Diminuiscono gli investimenti?
Da maggio 2024, però, questo trend ha iniziato a rallentare, fino a registrare una lieve flessione nell’ultimo periodo. Le motivazioni sono le stesse di prima, ma invertite: da quando la Bce che ha avviato il taglio dei tassi, il rendimento delle obbligazioni sta diminuendo e con esso potrebbe calare l’appetito dei risparmiatori, nonostante i tanti risparmi ancora disponibili.
In questo contesto, la domanda di titoli di Stato italiani da parte delle famiglie può continuare a perdere vigore in un contesto di rendimenti più bassi.
Ma perché molti italiani sono ancora diffidenti nell’investire i propri risparmi, nonostante la minaccia dell’inflazione e il fatto che tenere i soldi “parcheggiati” in banca renda praticamente zero?
La risposta si può trovare nelle parole dello scrittore statunitense Herman Melville, secondo cui “L’ignoranza è madre della paura”. Ecco, questo vale soprattutto quando si parla di soldi: il timore di perderli è più forte della voglia di guadagnarli.
Per aumentare la consapevolezza finanziaria degli italiani e renderli davvero padroni dei propri risparmi, serve quindi portare l’educazione finanziaria tra i banchi di scuola. Su questo fronte, il Belpaese latita, a parte sporadiche iniziative locali, come quella del Comune di Turi, in provincia di Bari, che, sfruttando l’assist della legge del 21/2004, ha introdotto l’educazione finanziaria nelle scuole medie e superiori a partire da quest’anno scolastico.
Il tema, all’apparenza complesso, diventa semplice se si parte dalle basi. Come detto dal sindaco del comune pugliese, Giuseppe De Tomaso, nell’intervista rilasciata a Prometeo360: “Dobbiamo affrontare i problemi nella loro essenza naturale. Questo vale anche per la finanza e il credito: bisogna semplificare e promuovere l’apprendimento, non solo tra i cittadini, ma anche tra gli imprenditori”.