Dalla scuola ai social, il bullismo è ovunque: ma cosa serve per fermarlo?
- 07/02/2025
- Giovani
“Oggi, nella Giornata nazionale contro il bullismo e il cyberbullismo, ribadiamo il nostro impegno a promuovere la cultura del rispetto tra i giovani per tutelare la dignità di ogni persona, la salute psicologica delle studentesse e degli studenti, educando alla responsabilità”. Con queste parole, il ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, ha sottolineato la necessità di un’azione concreta e mirata per contrastare fenomeni sempre più diffusi tra i giovani. L’occasione della Giornata nazionale contro il bullismo e il cyberbullismo diventa così un momento non solo di riflessione, ma anche di rilancio delle misure già adottate e di quelle ancora da implementare per rendere le scuole ambienti sicuri e inclusivi.
Valditara ha ribadito come il Ministero abbia già messo in campo una serie di strategie per affrontare il problema, a partire dalle nuove Linee guida sull’Educazione civica fino alle norme rinnovate sulla condotta, strumenti pensati per prevenire e combattere ogni forma di violenza e discriminazione. In particolare, il focus sulle dinamiche digitali emerge come prioritario, dato il ruolo centrale che la rete e i social network giocano nell’amplificazione e nella diffusione del bullismo. Tuttavia, se l’impegno istituzionale è fondamentale, i numeri che emergono dalle indagini sul fenomeno dimostrano che la strada da percorrere è ancora lunga e richiede interventi sempre più incisivi.
Sei studenti su dieci vittime di violenza
Un’indagine condotta da ScuolaZoo, la più grande community di studenti in Italia, in collaborazione con l’associazione C’è Da Fare ETS, ha fornito una fotografia chiara e allarmante della realtà che vivono gli adolescenti nelle scuole italiane. I dati raccolti su un campione di oltre mille studenti delle scuole secondarie di primo e secondo grado rivelano che il 60% degli intervistati ha subito almeno un episodio di violenza, che si manifesta in molteplici forme. Il bullismo verbale e psicologico rimane la tipologia più diffusa, ma non mancano casi di aggressioni fisiche (26%), discriminazioni di vario genere (22%), cat calling (17%) e, in una percentuale non trascurabile, anche molestie sessuali (9%), adescamento online (8%) e revenge porn (3%).
Il dato più inquietante è forse quello relativo al contesto in cui queste violenze si verificano: la scuola, che dovrebbe rappresentare un ambiente sicuro e protetto, emerge come il principale teatro degli episodi di bullismo (64%), seguita dai social network (24%) e da altri contesti esterni. Non meno rilevante è il fatto che il 76% degli studenti dichiari di aver assistito a episodi di violenza, un segnale chiaro di quanto il fenomeno sia pervasivo e radicato. Se da un lato il 46% di chi assiste interviene attivamente, dimostrando una sensibilità crescente sul tema, dall’altro resta ancora un ampio margine di indifferenza o paura nel prendere posizione contro i bulli.
Le ripercussioni del bullismo sulla salute mentale degli studenti sono devastanti. Gli effetti più comuni includono perdita di autostima, ansia sociale, isolamento e depressione. Il dato più significativo che emerge dall’indagine è che quasi la metà degli studenti (48%) avrebbe avuto bisogno di supporto psicologico, ma non lo ha ricevuto. Questa lacuna nell’assistenza è attribuibile sia alla mancanza di risorse adeguate all’interno delle scuole, sia a un generale sottovalutare del problema da parte degli adulti di riferimento. Molti ragazzi raccontano di aver visto le proprie richieste di aiuto ignorate o minimizzate, il che li ha portati a chiudersi in sé stessi e a non cercare più supporto in futuro.
Un altro elemento preoccupante è la difficoltà nel confidarsi: il 41% degli intervistati non ha parlato con nessuno dell’abuso subito, principalmente per paura, vergogna o sfiducia nelle figure adulte. Tra coloro che hanno trovato il coraggio di condividere la propria esperienza, la famiglia rimane il primo punto di riferimento (44%), seguita dagli amici (26%). Solo una percentuale ridotta si è rivolta a uno psicologo, confermando la necessità di potenziare i servizi di supporto nelle scuole e di facilitare l’accesso all’assistenza psicologica.
Di fronte a una situazione così complessa, sono gli stessi studenti a suggerire possibili soluzioni per affrontare il problema alla radice. Tra le proposte più richieste emerge l’istituzione di un’ora settimanale di educazione psicologica nelle scuole, un’iniziativa che permetterebbe ai ragazzi di acquisire strumenti utili per riconoscere e gestire le dinamiche relazionali in modo sano. Inoltre, viene segnalata la necessità di sportelli di ascolto accessibili senza il vincolo della firma dei genitori, per consentire agli studenti di chiedere aiuto in modo autonomo e sicuro.