Mupa, cos’è il Museo del patriarcato che crea polemiche
- 21 Novembre 2025
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Roma ha ospitato l’inaugurazione del Mupa, il primo Museo del Patriarcato, un’iniziativa di ActionAid presentata pochi giorni prima della Giornata internazionale dedicata all’eliminazione della violenza contro le donne. L’esposizione, situata presso lo Spazio AlbumArte, resterà aperta dal 20 al 25 novembre. Un gesto simbolo, una provocazione che l’associazione ha voluto realizzare in risposta alla ancora diffusa disparità di genere in molti settori e ambiti della vita quotidiana. Provocazione accolta da una parte di “pubblico” che già ha espresso numerose polemiche.
Il Mupa, Museo del Patriarcato, propone un’esperienza immersiva, portando i visitatori nell’anno 2148, il momento in cui, secondo l’ultimo Global Gender Gap Report, si prevede che raggiungeremo l’uguaglianza di genere. L’obiettivo di questa iniziativa è riflettere sulle convinzioni, i comportamenti e gli stereotipi che negli ultimi secoli hanno favorito la violenza e la disparità di genere in ogni ambito. In mostra si possono trovare le “reliquie” di questo mondo passato: dalle buste paga distinte per colore tra uomini e donne, a porte con segni di pugni e specchi che mostrano tipiche frasi di “mansplaining”.
I dati sul “patriarcato”
Nonostante la proiezione al futuro, il museo nasce per denunciare la convinzione che il patriarcato non sia stato del tutto debellato, ma che almeno “nel futuro che immaginiamo, è dove dovrebbe stare: chiuso in una teca di museo”, scrive ActionAid sui social. A supporto dell’iniziativa, è stata pubblicata la ricerca “Perché non accada”, realizzata con l’Osservatorio di Pavia e B2 Research. Ciò che è emerso è che nello spazio domestico, il 74% delle donne si occupa da sola dei lavori domestici, contro il 40% degli uomini, e il 41% delle madri gestisce la cura dei figli in autonomia, rispetto al solo 10% dei padri.
La sfera economica mostra uno squilibrio dove il 51% degli uomini gestisce da solo le finanze domestiche, contro il 38% delle donne. L’insicurezza limita la libertà di movimento: il 52% delle donne dichiara di aver provato paura negli spazi pubblici, una quota che sale al 79% tra le Gen Z, mentre quasi due giovani donne su tre (65,5%) temono di viaggiare sui mezzi pubblici. Inoltre, l’85% del campione ritiene che la sicurezza femminile negli spazi pubblici sia condizionata (solo di giorno o se accompagnate). Negli spazi culturali, il 70,8% delle Gen Z donne si sente svalutata o non rappresentata, e nel mondo digitale il 40% del campione ha temuto reazioni sessiste online, con un picco del 59,3% tra le giovani donne. Infine, il 57% del campione afferma di non aver mai saputo o assistito a episodi di violenza, ma un preoccupante 20% giustifica il controllo sulla partner, e il 26,7% legittima la violenza economica, soprattutto tra gli uomini più giovani. Per affrontare queste disparità, la prevenzione primaria deve diventare una politica di cambiamento strutturale
Le polemiche
Non sono mancate però le proteste: diversi i commenti online che criticano apertamente l’iniziativa definendola l’ultima provocazione ideologica e un esempio di “cultura woke”: “Ecco un’altra buffonata gender”, scrive un utente sui social; e, ancora: “Che pagliacciata, il patriarcato non esiste più”, risponde un altro account. Tra le manifestazioni di dissenso c’è chi cita i dati riguardanti le morti sul lavoro che riguardano per la quasi totalità gli uomini aggiungendo che “non vedo molte donne sui tetti in piena estate o col freddo d’inverno, così come non le vedo asfaltare una strada a 40 gradi col bitume bollente o a 500 mt di profondità in una miniera”. E chi, invece, si consola nel pensare che a queste “sciocchezze” “ci credete solo voi. Perché la realtà è decisamente più ampia e varia, e questa realtà non è più quella della maggioranza della nostra società”.
Alcuni hanno accusato l’iniziativa di ridicolizzare la tradizione italiana e di alimentare divisioni sociali per pure teorie ideologiche femministe, mentre altri hanno difeso il progetto sottolineando il suo valore simbolico nel sensibilizzare l’opinione pubblica sulle disuguaglianze di genere ancora radicate. L’intento, però, sembra essere stato raggiunto: il Museo ha creato dibattito riaccendendo le discussioni in tema di parità retributiva, gender equality e sostenibilità sociale del sistema socioculturale e storico del nostro Paese.

