Microrobot nel corpo umano: dalla Svizzera la nuova frontiera contro ictus, tumori e infezioni
- 17 Novembre 2025
- Popolazione Welfare
Il Politecnico Federale di Zurigo ha sviluppato microrobot magnetici in grado di muoversi all’interno del corpo umano, aprendo scenari inediti per il trattamento di ictus, tumori e infezioni localizzate. La tecnologia, pubblicata sulla rivista Science, rappresenta un avanzamento storico nella medicina di precisione e potrebbe ridefinire gli approcci terapeutici per patologie che ancora oggi gravano pesantemente sui sistemi sanitari.
I microrobot sono capaci di navigare nel nostro organismo con precisione millimetrica e possono raggiungere i vasi sanguigni più piccoli del cervello, dove le terapie convenzionali faticano del tutto ad arrivare o ad essere tempestive.
Come funzionano i microrobot del Politecnico di Zurigo
I dispositivi sviluppati dal team di ricerca dell’Eth Zurich integrano nanoparticelle di ossido di ferro e tantalio, che li rendono manovrabili attraverso campi magnetici esterni e visibili ai raggi X. Questa doppia caratteristica consente un controllo remoto estremamente preciso e un monitoraggio in tempo reale durante la navigazione nel sistema circolatorio. I microrobot possono attraversare anche i vasi sanguigni più piccoli del cervello, dove i trattamenti farmacologici tradizionali hanno difficoltà a penetrare efficacemente.
Le sperimentazioni condotte su modelli animali hanno mostrato risultati incoraggianti: navigazione completa senza blocchi, rilascio controllato dei principi attivi nel sito bersaglio, assenza di reazioni immunitarie significative e nessuna complicazione post-intervento. Questi dati vengono considerati un passo strategico verso le sperimentazioni umane, già programmate dal gruppo di ricerca.
Applicazioni contro ictus, tumori e infezioni
Nel caso dell’ictus ischemico, i microrobot possono somministrare agenti trombolitici (che sciolgono il trombo) direttamente nel punto di ostruzione vascolare, sciogliendo il coagulo in tempi ridotti rispetto alle terapie sistemiche. La velocità di intervento è cruciale in questo tipo di situazioni, dove ogni minuto di ritardo aumenta il rischio di danni cerebrali irreversibili.
Per i tumori, i dispositivi vengono programmati per rilasciare farmaci chemioterapici nella massa neoplastica (proliferazione incontrollata di cellule che forma un tumore), limitando l’esposizione del tessuto sano e riducendo gli effetti collaterali sistemici. Questa capacità di targeting selettivo rappresenta un enorme vantaggio rispetto alla chemioterapia convenzionale, che distribuisce i farmaci in tutto l’organismo che può provocare danni collaterali, come l’antibiotico-resistenza. Le infezioni localizzate, particolarmente quelle resistenti agli antibiotici o situate in zone dell’organismo difficili da raggiungere, potrebbero essere trattate con microrobot che veicolano antimicrobici ad alta concentrazione direttamente nel focolaio infettivo.
Quando il passaggio all’essere umano?
I dispositivi sviluppati dal team di ricerca dell’Eth Zurich accendono l’entusiasmo dei medici e dei pazienti, ma non sono ancora pronti per un utilizzo sugli esseri umani. La natura invasiva di questa tecnologia, per quanto miniaturizzata, impone standard di sicurezza particolarmente stringenti.
Le autorità regolatorie europee e internazionali concentrano l’attenzione su:
- possibili reazioni allergiche o immunologiche;
- sulla capacità di recuperare o eliminare i microrobot al termine della terapia;
- sull’efficacia del controllo magnetico su diversi biotipi umani;
- sull’interazione con patologie pregresse o con trattamenti già in corso.
Un cambio di paradigma nella cura
Criticità e test a parte, è indubbio che i microrobot magnetici aprano a terapie sempre più mirate ed efficienti. La capacità di navigare nei vasi sanguigni più piccoli, guidati da nanoparticelle di ossido di ferro e tantalio, ha già dimostrato efficacia nelle sperimentazioni animali e si prepara al delicato passaggio verso l’applicazione umana. Per patologie ad alto impatto sociale come ictus, tumori e infezioni localizzate, questa tecnologia potrebbe ridurre gli effetti collaterali delle terapie attuali e migliorare gli esiti clinici.
Questa tecnologia si inserisce nel panorama della medicina personalizzata, un nuovo fronte sostenuto e accelerato dall’implementazione dell’intelligenza artificiale.
Una delle direzioni più promettenti riguarda la medicina di precisione personalizzata, dove ogni paziente riceve il trattamento più adatto al proprio profilo genetico e fisiologico. I microrobot potrebbero diventare strumenti di una terapia su misura, adattabile alle caratteristiche individuali e alle specificità della malattia.
Cosa può cambiare in futuro
Le prospettive future della medicina miniaturizzata vanno oltre la somministrazione di terapie. Gli esperti ipotizzano che i microrobot potrebbero integrare sensori per diagnosi in tempo reale, raccogliere campioni di tessuto o fluidi da zone difficilmente accessibili con le biopsie tradizionali e operare micro-interventi riparativi senza chirurgia invasiva.
Secondo le previsioni di settore, il mercato della somministrazione di farmaci basata sulla nanotecnologia crescerà con un tasso annuo composto del 18,5% tra il 2025 e il 2032, a dimostrazione del crescente interesse del settore biomedico verso queste tecnologie e di come queste ultime stiano registrando enormi passi avanti negli ultimi anni.
Una risposta a un’emergenza sanitaria europea
I microrobot sviluppati a Zurigo potrebbero avere un grande impatto sulla cura delle malattie cardiovascolari, che in Europa rappresentano la prima causa di morte, con oltre 1,7 milioni di decessi nel 2022 legati a infarto, ictus e altre patologie cardiache.
In Italia la gestione delle emergenze cardiovascolari raggiunge livelli di eccellenza: la mortalità a 30 giorni dopo un infarto miocardico acuto si attesta al 4,7%, ben al di sotto della media Ocse del 6,5%, mentre per l’ictus ischemico è del 6,9% contro il 7,7% della media internazionale. Nonostante questi risultati, la necessità di terapie ancora più mirate e meno invasive resta centrale, soprattutto per raggiungere aree anatomiche difficilmente accessibili con i metodi attuali. In questo senso, la nuova tecnologia sviluppata in Svizzera fa ben sperare.
Credit immagine: Luca Donati / Eth Zurich

