Pagare i dipendenti per avere più figli, così la Corea del Sud inverte la denatalità
- 8 Settembre 2025
- Welfare
Le aziende della Corea del Sud hanno deciso di invertire il calo del tasso di natalità nel Paese pagando i dipendenti per avere più figli. Lo sforzo nasce in un contesto nel quale lo Stato fatica a invertire la rotta, rappresentando da diverso tempo il Paese con il tasso di fertilità tra i più bassi al mondo: 0,75 nascite per donna.
Investire sulla famiglia, tramite iniziative private, è la mossa audace che punta a evitare le conseguenze economiche e sul welfare che la denatalità in Corea del Sud, come nel resto del mondo, può generare. Ma il problema non è solo di natura economica e gli analisti avvisano che serviranno sempre più riforme strutturali.
Bonus record per i nuovi nati
Capofila di questo movimento è l’azienda Booyoung & Co., una delle maggiori nel settore edile della Corea del Sud, che ha annunciato un bonus straordinario di 100 milioni di won (circa 62 mila euro) per ogni dipendente che deciderà di mettere al mondo un bambino. L’offerta, lanciata dal fondatore miliardario Lee Joong-keun, è valida retroattivamente per gli ultimi tre anni e ha lasciato i dipendenti “senza parole”. Hong Ki, un responsabile della comunicazione di 37 anni, ha raccontato a Bloomberg la propria incredulità quando ha appreso la notizia e che, senza pensarci due volte, insieme alla moglie – altrettanto dipendente dell’azienda – hanno deciso di avere un altro figlio.
L’impatto di questa politica è stato immediato: Booyoung attribuisce a questo incentivo la nascita di 28 bambini lo scorso anno, circa cinque in più rispetto alla norma. Inoltre, il bonus ha contribuito a far evolvere la cultura aziendale, incoraggiando i dipendenti a “sposarsi, guadagnare soldi e comprare una casa”. Dei circa 100 dipendenti che hanno ricevuto i bonus, nessuno ha lasciato l’azienda, a dimostrazione della lealtà generata.
Strategie pro-natalità: non solo “soldi”
Booyoung non è la sola azienda ad avere elargito un bonus da record del genere. Anche Krafton Inc., sviluppatore di videogiochi, offre quasi 60 milioni di won alla nascita (circa 37 mila euro) e ulteriori 40 milioni di won (25 mila euro) a rate fino al compimento degli 8 anni del bambino. Krafton supporta i genitori anche con un asilo nido interno aperto fino alle 21.30, servizi di babysitting d’emergenza e garanzia di lavoro temporaneo per coprire i congedi parentali. Korea Aerospace Industries Ltd., produttore di aeromobili, offre circa 10 milioni di won (6 mila euro) per il primo e il secondo figlio, e 30 milioni di won (20 mila euro) per il terzo.
Il gruppo aziendale Hanwha Group ha erogato più di 1 miliardo di won, pari a 700 mila euro – circa 9 milioni di won (6 mila euro) a bambino – in 14 affiliate. Un sondaggio tra i dipendenti ha rivelato che l’86% è stato incoraggiato a considerare l’idea di avere altri figli, e il 96% ha affermato che la politica aziendale li ha aiutati a conciliare lavoro e vita familiare.
La scelta delle aziende coreane è stata chiara: meglio pagare i lavoratori per avere figli oggi che gestire un’azienda in un Paese in cui non ci sono bambini e, quindi, futuro.
Denatalità: una crisi (inter)nazionale
La denatalità è un fenomeno largamente diffuso nella maggior parte dei Paesi sviluppati. Il governo sudcoreano, come molti altri, Italia inclusa, ha già investito ingenti somme di denaro nel problema, offrendo sussidi per i neonati e più tutele per i neogenitori. Ma sembra non essere abbastanza.
Ad esempio, nella città sudcoreana di Incheon le famiglie con neonati possono trasferirsi in appartamenti pubblici per l’equivalente di 20 euro al mese, mentre a Seul i genitori senza casa possono ricevere oltre 4 mila euro in sussidi per l’alloggio. L’obiettivo governativo è aumentare il tasso di fertilità a 1 entro il 2030, anche se il livello di sostituzione per una popolazione stabile sarebbe di 2,1. Ed effettivamente qualcosa sta cambiando: per la prima volta, nei primi mesi del 2025 si è registrato un incremento del 7% rispetto agli stessi mesi (gennaio-maggio) dello scorso anno. Così come i matrimoni sembrano essere in ascesa. Ma analisti e critici hanno sottolineato che potrebbe trattarsi di un effetto di ripresa connaturato nel post-Covid-19 e che il problema non si risolverà solo con bonus e incentivi una tantum, ma che servano riforme strutturali.
Si parla di incentivare i giovani a riscoprire aree meno urbanizzate, cercando di ripopolare qui luoghi ormai disabitati, come avviene per molti borghi e piccoli centri cittadini italiani. Così come, garantire un maggior equilibrio tra vita e lavoro rappresenta una sfida cruciale per incentivare le giovani generazioni a mettere al mondo un figlio. E, inoltre, incentivi per l’acquisto di una casa, congedi paritari, accesso ad asili nido pubblici garantiti a quanti più neonati possibile solo le sfide dei governi di oggi.