Come cambia la vita online degli italiani? 8 su 10 connessi tra scarse competenze e nuove forme di ansia
- 22 Agosto 2025
- Giovani Popolazione
L’Italia è sempre più connessa, ma non per questo più digitale. La fotografia scattata dall’Eurispes nel Rapporto 2025 “Il rapporto delle persone con il digitale” rivela un paradosso: la rete è ovunque, gli strumenti sono diffusi, ma le competenze restano fragili. Si naviga tanto, si scorre continuamente, ma spesso senza direzione e senza costruire valore. Un quadro che mette in discussione la retorica dell’innovazione come soluzione di ogni problema e che obbliga a guardare alla qualità, e non solo alla quantità, della vita online.
Connessione non fa rima con competenza
Non basta essere online per essere cittadini digitali. L’87,7% della popolazione è connessa a Internet, ma questo dato nasconde squilibri profondi. Come sottolinea il Rapporto, mentre oltre il 70% degli under 30 utilizza quotidianamente strumenti digitali in modo nativo, tra gli over 65 questa percentuale crolla drasticamente. Tuttavia, la frequenza d’uso non corrisponde automaticamente alla qualità dell’uso.
La questione non è più l’accesso, ma la capacità di trasformare la connessione in competenze. Solo il 26% di chi ha al massimo la licenza media possiede competenze digitali adeguate, contro il 68% dei laureati. Eppure, il divario non è solo educativo: si estende anche a chi, pur avendo accesso a strumenti e infrastrutture, non sa come sfruttarli in modo consapevole. In questo senso, il digitale diventa un amplificatore di disuguaglianze preesistenti, sociali e territoriali.
Il tema formativo resta un nervo scoperto. Secondo il Rapporto, solo il 31% degli italiani ha partecipato a corsi di aggiornamento o formazione digitale negli ultimi 12 mesi, contro il 41% della media europea. Numeri che mostrano come l’Italia non stia investendo sulla competenza come leva di cittadinanza.
Giovani tra iperconnessione e fatica digitale
I giovani restano il gruppo più esposto, perché vivono la connessione come condizione permanente. La rete non è più un luogo da raggiungere, ma un ambiente da abitare quotidianamente. Ma la promessa di libertà si intreccia con nuove forme di pressione e ansia. Secondo l’indagine Eurispes, il 76% dei giovani sotto i 34 anni sente che il mondo stia cambiando troppo in fretta e che chi non riesce a “tenere il passo” rischia di essere emarginato socialmente e professionalmente.
Lo smartphone diventa al tempo stesso strumento di emancipazione e dispositivo di controllo. Non sorprende allora che oltre il 65% dei giovani under 24 ritenga “faticoso” sostenere la propria presenza costante online, mentre più del 40% ammette di modificare intenzionalmente la propria immagine o comportamento sui social per ottenere approvazione. L’identità digitale diventa così un lavoro continuo di editing personale, in cui l’attenzione degli altri diventa il parametro di validazione più importante.
Questa dinamica ha ricadute sulla salute mentale, sulla capacità di concentrazione e sul tempo disponibile per attività formative o relazionali. Il digitale promette inclusione, ma spesso genera la paura di restare indietro: la Fomo (fear of missing out: paura di perdersi qualcosa) è ormai un tratto comune, con effetti tangibili su stress, ansia e qualità della vita. La connessione è un diritto, ma rischia di diventare anche un dovere percepito, un obbligo sociale difficile da sottrarsi.
Identità digitale e nuove fragilità
La rete non è più soltanto informazione o intrattenimento, ma diventa vetrina di sé e arena dove si costruiscono reputazione e consenso. Il Rapporto parla di “costruzione dell’identità digitale, dinamiche di performance, pressione a mostrarsi, gestione della reputazione online”.
Per le nuove generazioni, questo significa che il confine tra vita reale e vita mediatizzata è sempre più sottile. L’esposizione permanente, osserva l’indagine, alimenta ansia e insicurezza. Non si tratta solo di un effetto collaterale psicologico, ma di un vero cambiamento sociale: la reputazione online condiziona relazioni, opportunità lavorative e perfino l’accesso a servizi.
A differenza di altre forme di disuguaglianza, quella digitale non è immediatamente visibile. Non riguarda solo chi è escluso dall’accesso, ma anche chi vive una connessione superficiale, incapace di distinguere tra fonti attendibili e contenuti manipolatori. L’indagine condotta da Edmo (l’osservatorio europeo sui media digitali e la disinformazione), citata nel Rapporto, mostra che i ragazzi sanno usare bene gli strumenti digitali, ma spesso fanno fatica a distinguere tra una fonte attendibile e una fuorviante. Qui sta la nuova fragilità: non l’assenza di rete, ma la difficoltà di navigarla con consapevolezza.
La cittadinanza digitale che non decolla
La digitalizzazione non è neutra. Definisce nuovi diritti, ma anche nuovi rischi di esclusione. Per l’Eurispes una delle proposte più rilevanti è l’inserimento organico e interdisciplinare dell’educazione digitale nei curricula scolastici, a partire dalla scuola primaria. Non basta insegnare a usare gli strumenti: “l’insegnamento non dovrebbe limitarsi all’uso tecnico degli strumenti, ma affrontare anche temi come la cittadinanza digitale, i diritti e i doveri online, la sicurezza dei dati, il cyberbullismo, la gestione del tempo di connessione e la consapevolezza dei meccanismi algoritmici”.
Il nodo è questo: siamo cittadini digitali o solo utenti? Il rischio che emerge dal Rapporto è di consolidare una platea di consumatori più che di partecipanti attivi alla vita democratica. La connessione rende più veloci i servizi, ma non sempre più partecipata la società. Il fatto che solo un terzo degli italiani si aggiorni con corsi di formazione digitale in un anno mostra come la digitalizzazione resti ancora una pratica parziale, confinata a chi ha tempo, risorse e strumenti per coglierne le opportunità.
L’educazione digitale diventa allora il terreno decisivo per colmare i divari. Senza questa, la rete rischia di rafforzare le asimmetrie esistenti: tra Nord e Sud, tra generazioni, tra classi sociali. Non è più questione di portare Internet nelle case, ma di portare competenze nei cittadini.